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Turbo variazione fissa e variabile, non esiste un vincitore

Turbo variazione fissa e variabile, non esiste un vincitore

Esistono due tipologie di turbo per i motori termici: a variazione fissa e variabile. Scopriamo in questo articolo le differenze e perché non esiste un vincitore

Quando si sente parlare di turbocompressore, si pensa sempre e solo ad un’unica tipologia. In realtà esistono due diverse tipologie di turbo. Stiamo parlando del turbocompressore a geometria fissa e turbocompressore a geometria variabile.

 

Lungo l’articolo vedremo:

  • la struttura tecnica;
  • le differenze tra geometria fissa e variabile;
  • un doppio turbo per casi speciali
Turbo auto

La struttura tecnica del turbo

Prima di iniziare facciamo una doverosa e piccola precisazione. Quando si sente parlare e citare la parola “turbo”, significa che stiamo parlando del turbocompressore.

 

Tecnicamente è un organo meccanico che è stato progettato e sviluppato per sovralimentare il motore termico dell’auto. Concettualmente dobbiamo pensare che la vettura ha un ciclo di funzionamento tradizionale. Se vogliamo maggiori prestazioni, ecco che il turbocompressore fa al caso nostro.

 

Serve in particolare per avere il maggior spunto in accelerazione e può entrare in funzione in diversi momenti. Tecnicamente il turbocompressore è formato da due aspetti fondamentali: dal compressore e dalla turbina. Il primo ha l’obiettivo di comprimere l’aria di alimentazione, mentre la turbina deve scaricare i gas prodotti dai cilindri.

 

Al fine di funzionare, il compressore e la turbina sono posizionati all’interno di una girante che possiamo immaginare come una ventola.

 

Ad unire le due componenti, ci pensa un albero meccanico. Queste due componenti sono inoltre inserite all’interno di un alloggiamento speciale definito “chiocciola”.

 

La prima ad entrare in funzione è la turbina, ricevendo i gas di scarico che sono generati dalla combustione. La turbina a sua volta, tramite l’albero meccanico, mette in movimento il compressore. Come dice la parola stessa, esso ha l’obiettivo di comprimere l’aria e immetterla nella camera di scoppio.

 

In questo modo il turbo, anche grazie al lavoro di alcune valvole di controllo, permette di migliorare il riempimento dei cilindri. Il rendimento del motore, quindi, aumenta tecnicamente nei valori di potenza e coppia sviluppata. Ovviamente questa complessità non avviene in un qualsiasi momento, ma bensì a un numero di giri ben preciso. Al di sotto di circa 2.000 o 3.000 giri, tecnicamente i gas di scarico entrano più lentamente. L’entrata in funzione del turbocompressore permette al veicolo di accelerare in modo più deciso.

La differenza tra geometria fissa e variabile

Vediamo ora la distinzione tra turbo a geometria fissa e turbo a geometria variabile. La grande differenza la possiamo trovare all’interno del girante della turbina. Abbiamo all’interno di essa, un anello di palette statoriche ad incidenza variabile. L’incidenza rispetto alle palette rotanti della girante può variare a seconda dell’intervento della centralina elettronica.

 

Quest’ultima ha un ruolo fondamentale, in quanto gestisce non solo tale aspetto, ma tutta la complessità dell’elettronica di una vettura. In particolare abbiamo una situazione chiave, nel momento in cui la centralina analizza e permette di variare l’angolo di queste palette statoriche. In altre parole, a seconda del numero dei giri del motore, la centralina va a modificare l’angolazione di queste palette. 

Ecco quindi che il termine turbocompressore a geometria variabile è stato definito. Tale forma di geometria, ha quindi l’obiettivo di essere utilizzata non solo su un’unica configurazione, ma anche su diverse tipologie di configurazioni. D’altra parte abbiamo il classico turbo geometria fissa, che è quello visto in precedenza. In questo caso le alette non variano la loro angolazione e hanno una struttura ben definita.

Un doppio turbo per casi speciali

Durante gli anni diverse case automobilistiche hanno introdotto il doppio turbocompressore. Tecnicamente si parla di un doppio turbo che entra in funzione a seconda dei diversi numeri di giri motore.

 

È inserito all’interno della categoria della geometria fissa.

 

Lo scopo è quello di avere una maggiore spinta alle alte velocità. Il primo turbo a compressione fissa viene utilizzato soprattutto per la spinta iniziale, ma non appena siamo arrivati ad una velocità importante (che può essere di circa 110 e 120 km) sarebbe necessario un secondo turbo.

 

Il motivo? Effettuare sorpassi autostradali quanto più rapidi e quanto più sicuri. Per questo motivo, alcune case automobilistiche hanno introdotto il doppio turbocompressore.

 

Esso è stato installato in diverse tipologie di vetture, ma anche nei veicoli commerciali. Quest’ultimi sono da sempre sinonimo di viaggi lunghi con grandi carichi.

 

Avere quindi un doppio turbocompressore per coloro che trasportano diverse persone, come ad esempio gli NCC a 9 posti, è un aspetto interessante. Tali situazioni però non sono tanto state sviluppate, in quanto l’elettrificazione sta rivoluzionando il mercato. La spinta elettrica sta, infatti, prendendo il posto del doppio turbocompressore.

 

A questo punto cerchiamo di mettere ordine a tutto il discorso. Geometria fissa o geometria variabile? Il turbo a geometria variabile permette infatti di ottimizzare l’uscita dei gas a seconda del numero dei giri del motore. Se siamo a bassi regimi, le palette rimangono chiuse, al fine di limitare la portata del gas. Nel momento in cui siamo invece ad alti giri, si aprono. Questo comportamento ha l’obiettivo di non ostacolare l’uscita dei gas stessi. 

Se siamo sotto i 2.000 giri, la geometria variabile va a risolvere la problematica d’inerzia della geometria fissa. In questo modo la progressione rimane fluida e senza contraccolpi. I turbo a geometria fissa sono, infatti, osservabili quando entrano in funzione e danno il classico colpo di reni al guidatore. Questa “botta” è il segnale classico di una vettura con turbo a geometria fissa.

 

Quest’ultima, però, è più affidabile rispetto al turbo a geometria variabile. La delicatezza della variazione dell’angolo delle alette è un aspetto da considerare. Deve, infatti, entrare in funzione la centralina. Piccola precisazione: i turbo a geometria variabile sono praticamente presenti solo nelle vetture diesel, a causa della temperatura dei gas più bassa. 

Tecnicamente quindi non ci sono delle situazioni migliori tra turbo a geometria fissa e turbo a geometria variabile. Sono due metodi equivalenti per dare maggiore spinta in modo ottimale.

 

Ricordiamo, inoltre, che non è possibile scegliere quale tipologia di turbo inserire all’interno di una vettura. Sono le case automobilistiche che decidono quale tipologia di turbina mettere all’interno della vettura. Noi possiamo semplicemente accettare tale aspetto. Nonostante questo, non essendoci un vero vincitore tra turbo a geometria fissa o variabile, la scelta della vettura, sarà ovviamente quella ottimale.

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